Notule
(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)
NOTE
E NOTIZIE - Anno XIX – 05 marzo 2022.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org
della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia”
(BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi
rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente
lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di
pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei
soci componenti lo staff dei
recensori della Commissione Scientifica
della Società.
[Tipologia del
testo: BREVI INFORMAZIONI]
Nuove
vie per comprendere le basi della dislessia e i processi cerebrali della
lettura. La dislessia dell’età
evolutiva è da tempo studiata in chiave neuropsicologica e neurocognitiva,
mentre la ricerca sulle basi delle abilità che consentono la lettura indaga la
connettività fra aree cerebrali che elaborano la parola scritta. I progressi
compiuti in questo campo non sono ancora giunti a chiarire quali siano, nei
tratti di sostanza bianca, i difetti che causano nei dislessici le difficoltà
di lettura ed altri problemi correlati. Un nuovo studio di connettività
condotto da Julie Pryor e colleghi del MIT,
dimostrando che il parametro FA nel DWI (diffusion-weighted
imaging) non è significativo come ritenuto fino ad oggi, indicano la necessità
di percorrere strade nuove per cogliere i veri problemi che si verificano nell’orchestrazione
di alto livello delle informazioni che corrono nelle reti neuroniche impegnate
nel riconoscimento della parola scritta. Lo studio completo sarà pubblicato in
aprile. [Meisler S. L., et al., NeuroImage 249, 118909, 1 April, 2022].
Un
biomarker di schizofrenia potrebbe essere alla superficie del cervello. L’80% del rischio di schizofrenia, la più grave
forma di disturbo mentale per la prognosi psichica, è dovuto a fattori
genetici. Un nuovo studio condotto da NORMENT è riuscito a dimostrare una
correlazione tra questi fattori genetici e due caratteri della corteccia
cerebrale: lo spessore e le dimensioni. Si tratta della prima
dimostrazione di un valore di indice di questi due dati anatomici. [Fonte:
Università di Oslo – Cheng Weiqiu et al., JAMA
Psychiatry – BM&L- International, 2022].
Perché
Seneca continua a essere fra gli autori dell’Arte del Vivere? È la domanda che ci ha posto un lettore, formulando
questa definizione critica del pensiero di Seneca: l’orchestrazione di tropi e
luoghi in chiave retorica di contenuti filosofici forniti dai compendi dei dossografi
e dalla tradizione delle diatribe. Qui di seguito si propone in sintesi la
risposta del nostro presidente.
Sono stati
numerosi i critici moderni che hanno ripreso questa formula dai detrattori
contemporanei di Seneca, forse un po’ superficiali, sicuramente invidiosi della
sua fama e, in qualche caso, manifestamente indispettiti dal suo rivolgersi in
modo discorsivo, diretto e personale ai lettori, infrangendo la regola non scritta
della distanza teoretica del filosofo che imposta gli studi di cui scrive in
chiave generale con l’aspirazione di cogliere verità universali, secondo lo
stile migliore per dibattere tra pensatori di ontologia e metafisica. Già Grimal denuncia in modo perentorio i numerosi autori che
cadono nell’errore di seguire i detrattori antichi[1], ma
poi Giovanni Reale[2]
e la sua scuola hanno fatto luce sull’infondatezza di questa critica che ignora
la profondità, e in qualche caso l’originalità, dei contenuti del pensiero di
Seneca, che si serve, si, della forma e degli strumenti dell’arte del convincere
di cui era maestro già suo padre, non per fare vuota retorica, ma solo per
essere più efficace nel riportare la filosofia al suo ruolo di “scuola di vita”
rivolta a tutti coloro che ne siano interessati.
Prima di
esporre in sintesi le ragioni principali che conservano Seneca, insieme con una
ventina di altre brillanti menti del passato, tra gli autori di riferimento per
il nostro Seminario Permanente sull’Arte del Vivere, mi piace ricordare
che nessun filosofo antico ha raggiunto la profondità di analisi psicologica
del filosofo di Cordova.
La prima ragione
è che Seneca ha cercato nella filosofia la terapia dei mali della sua anima
e, per buona parte e lungo tempo, ha raggiunto il suo scopo. Le altre ragioni
possono tutte ricondursi all’attualità del suo pensiero.
Impiegare la prudente
saggezza del sapere, o phronesis, per vivere bene e curare le
inevitabili sofferenze che la vita ci infligge è uno scopo della grande
tradizione ellenica e lo troviamo già manifesto in Socrate, secondo quanto ci
dice Platone nell’Apologia di Socrate: il filosofo nato nel demo degli Alcmeonidi[3]
considera la “cura dell’anima” nucleo essenziale del suo pensiero filosofico. Anche
la sua idea di esercizio della psiche non è nuova e la troviamo formulata in Aristippo: “Come i nostri corpi crescono se sono nutriti e
si irrobustiscono se sono esercitati nella ginnastica, così anche la psiche si
sviluppa se curata e diventa migliore se fortificata”[4]; un
pensiero che ha un noto equivalente in Antistene. Il fine etico, come quello
che oggi diremmo “psicologico” della filosofia, è ovvio per Epicurei e
Scettici, lo è meno per gli Stoici di cui fa parte Seneca – e dunque a lui va
dato merito per averlo perseguito – ma per tutte e tre le scuole, dice Martha Nussbaum: “La filosofia consiste soprattutto nell’arte
del vivere, e dedicarsi ad essa senza essere ancorati all’impegno del buon
vivere, risulta attività vuota e vana”[5].
Il costituirsi
del filosofo quale medico dei mali dell’anima non è una novità, anzi, come ricorda
Diogene Laerzio, il prototipo dei medici dell’anima è Platone, tanto quanto
Esculapio lo è dei medici del corpo. Ma la particolarità di Seneca è l’impegno
senza precedenti nello sviluppo di un pensiero tutto finalizzato all’esercitazione
pratica dell’anima e quotidianamente messo da sé stesso alla prova. A un
religioso che una volta mi chiedeva di questa differenza ho proposto un
paragone metaforico: il pensiero del filosofo di Cordova sta alla filosofia
della Grecia antica come la pastorale sta alla teologia; in altri termini, una
pragmatica di atti mentali e materiali contrapposta a una teoretica dei
principi[6].
In questa
critica a quanto accade in quel tempo, scritta in una lettera a Lucilio,
troviamo le ragioni e l’importanza del suo insegnamento: “Ma si sbaglia, in
parte per colpa dei maestri che ci insegnano a discutere, non a vivere, in
parte per colpa dei discepoli che frequentano i maestri col proposito di
coltivare non lo spirito ma l’ingegno. Perciò quella che fu filosofia è
diventata filologia”[7].
La filosofia
per Seneca non consiste di parole ma di fatti derivati dalla conoscenza
e applicati alle circostanze: in questo consiste la sua attualità: “Anche se
gli antichi hanno scoperto tutto, l’applicazione, la conoscenza e l’organizzazione
delle scoperte altrui sarà sempre nuova. […] Gli antichi hanno trovato i rimedi
contro i mali dell’anima; come o quando vadano applicati tocca a noi cercarlo”[8].
Ecco un
richiamo alla realizzazione pratica: “Impariamo bene questi insegnamenti, in
modo che quelle che erano parole diventino opere”[9].
Dunque, abbiamo
in comune con Seneca una prassi volta a realizzare nella realtà quotidiana,
prendendo le mosse dalla vita interiore, ciò che abbiamo compreso e appreso.
Leggiamo
questo passo: “… I buoni conforti si trasformano in medicine; e qualunque cosa
solleva l’anima giova anche al corpo. Gli studi sono stati la mia salvezza; è
merito della filosofia se mi sono alzato dal letto, se sono guarito…”[10]
Seneca afferma
che non si possono curare i mali del corpo senza curare i mali dell’anima. Una
tesi vicina alla nostra concezione di un approccio globale al paziente in
medicina, che la presidente della Società Internazionale di Neuroscienze, Linda
Faye Lehman, ha definito “Wholistic Medicine”.
Sostiene poi, il
filosofo di Cordova, che le malattie dell’anima consistano nel pensiero
rivolto alle cose che sono mali: senza troppo forzare il senso originario
di questa affermazione, anche se oggi non si può condividere la sua
formulazione generalizzata, le troviamo un parziale riscontro nell’effetto
nocebo delle moderne neuroscienze. Infatti, il pensiero rivolto a cose
negative produce risposte molecolari, cellulari e di sistemi biologici opposte
a quelle dell’effetto placebo, potendo determinare uno stato psicofisico
negativo, caratterizzato da apprensione, preoccupazione, ansia e ideazione
pessimistica, in altri termini una sorta di “male dell’anima”.
Un’altra
valenza attuale possiamo trovarla nella convinzione che le passioni
provochino malattie se sono trascurate. Se per passioni intendiamo quegli
stati d’animo in cui la nostra volontà è influenzata o diretta dagli
automatismi del sistema a ricompensa, possiamo facilmente notare che se ci
abbandoniamo alle tendenze coattive senza renderle coscienti, cioè trascuriamo
il controllo consapevole delle passioni, possiamo facilmente andare incontro a
squilibri funzionali, che portano sofferenza in varie forme: effetti da stress,
ansia, somatizzazioni e così via.
Nelle Questioni
naturali troviamo il credo supremo di Seneca: va desiderato e ricercato
ciò che è veramente importante. E cosa lo è veramente per lui? L’elenco è
lungo, ma qui mi limito a citare alcuni suoi esempi: sopportare le avversità
con animo sereno, non andare in cerca del pericolo, evitare i cattivi pensieri,
non mirare ai beni materiali e ai lussi, innalzare lo spirito al di sopra delle
cose che dipendono dalla fortuna, rifuggire l’ira e il conflitto, avere il
senso della propria vita sempre presente perché si è liberi in virtù del
diritto di natura, non del diritto romano[11].
Prese insieme,
tutte queste misure, secondo Seneca consentono di “essere veramente uomo e
dunque felice”, ma noi rileviamo che buona parte di esse coincide con gli atteggiamenti
oggi consigliati per ottenere uno stile psicologico in grado di combattere o
addirittura neutralizzare le componenti psico-neuro-immunologiche e psico-neuro-endocrinologiche
dei processi patologici degenerativi, neoplastici o a sviluppo cronico con
significative componenti infiammatorie.
L’elenco dei
motivi per i quali conserviamo Seneca tra gli autori studiati al “Seminario
Permanente sull’Arte del Vivere” potrebbe continuare, ma mi fermo qui, non solo
per limiti di spazio, ma perché mi sembra che quelli che ho elencato possano già
essere sufficienti. [Giuseppe Perrella, BM&L-Italia, marzo 2022].
Ludwig
Wittgenstein spiega in termini di errore logico il pregiudizio antiscientifico.
La scienza e la filosofia – spiega il filosofo e
logico – sono attività umane, non dottrine. Si può essere contro una dottrina a
motivo dei suoi contenuti, ma avversare attività umane come scienza e filosofia
è un’idiozia che equivale ad essere contro l’intelligenza umana e il suo
miglior uso per conoscere e comprendere. Questa settimana abbiamo recensito uno
studio di Geoffrey P. Dobson in cui si analizza la radice comune a no-wax e coloro che negano i cambiamenti climatici: in
entrambi i casi si negano fatti reali conosciuti grazie all’applicazione del
metodo scientifico e, per onorare un pregiudizio che è un’idiozia secondo
Wittgenstein, si nega la realtà. [BM&L-Italia, marzo 2022].
Perché
la Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life Italia” si occupa
di aspetti della fede e della cultura religiosa. La consapevolezza che in psichiatria, in
psicoterapia e nello studio psicologico delle persone escludere l’ambito
religioso e spirituale in molti casi vuol dire negligere una parte fondamentale
della loro psicologia e della loro vita, ha contribuito, insieme con le
evidenze che la fede e le pratiche meditative o spirituali determinano effetti
biologici rilevanti e misurabili nell’organismo, a indurre la nostra società
scientifica a promuovere l’attenzione di neuroscienziati, psichiatri, medici e
psicologi su queste questioni. Il nostro interesse segue due direzioni
principali: la neuroscienza della spiritualità e il ruolo della cultura
religiosa, atea o agnostica nel determinare atteggiamenti psicologici rilevanti
per il funzionamento del cervello nella vita interiore e di relazione.
Non moltissimi
anni fa uno di noi, in uno studio universitario su pazienti che avevano tentato
il suicidio, dopo aver rilevato l’importanza della fede o della sua totale assenza
negli atteggiamenti mentali dei suoi intervistati, si è sentito dire dal
direttore dell’istituto che questo aspetto doveva essere tenuto fuori da un’indagine
scientifica. Oggi, anche grazie alle nostre numerose iniziative, come la nostra
rassegna di studi sul cervello di meditatori buddisti e suore cattoliche (v. in
La Ricerca dello Spirito nel Cervello), la preclusione anche negli
ambienti accademici più retrivi è venuta a cadere; tuttavia, sussistono ancora ignoranza
e pregiudizi che ostacolano un atteggiamento libero da condizionamenti o fini
dimostrativi ideologici nell’affrontare il tema dell’influenza di questi
contenuti mentali sulla neurofisiologia.
Ancora molti ricercatori
agnostici o atei in Italia, Francia, Inghilterra e altri paesi europei
considerano la fede delle tre grandi religioni monoteiste come un
irrazionalismo superstizioso. Nel Siracide, libro della Bibbia, cioè del
fondamento del sapere giudaico-cristiano, si legge: “Il modo di ragionare è il
banco di prova di un uomo”. Il razionalismo è dei matematici e filosofi
cristiani Cartesio e Pascal, ma prima e dopo di loro era stato un elemento caratterizzante
i medici-scienziati ebrei dall’Alto Medioevo a Freud.
Le grandi
religioni trattano il problema della morte e indicano come affrontarla; in San
Paolo si legge che “la morte è stata inghiottita dalla vittoria”: se si crede
nella vita eterna e si sente di dover rendere conto a Dio per ogni pensiero e
atto, si vive ogni esperienza della vita in modo totalmente diverso da come la
si vivrebbe nella convinzione che non esiste nessuno sopra di noi che legga
nelle coscienze e con la morte biologica del corpo finisca tutto. I cristiani,
che quotidianamente si impegnano nel lavoro e nell’amore del prossimo, si
sentono sostenuti in questa difficile perseveranza da una certezza che così
viene rammentata loro da San Paolo: “Sapendo che la vostra fatica non è vana
nel Signore”.
La tradizione
biblica è all’origine dei capisaldi culturali della civiltà occidentale che si
sono poi diffusi globalmente, e che nei nostri giorni sembrano andati incontro
a un progressivo fading, un indebolimento della sostanza dei
principi a favore di un’affermazione delle forme della politica e del
diritto legate al vantaggio economico. Il libro della Sapienza, attribuito
a Salomone, è importante anche perché costituisce la saggezza al di sopra di
ogni potere e potentato del mondo, e invita i sovrani a possedere la sapienza,
ammonendo loro che, per il potere di cui dispongono, saranno sottoposti a un
giudizio divino più severo.
Si legge: “La sapienza
è radiosa e indefettibile, facilmente è contemplata da chi l’ama e trovata da
chiunque la ricerca” (S. 6, 12); poi: “Suo principio assai sincero è il
desiderio d’istruzione; la cura dell’istruzione è amore…” (S. 6, 17): istruire
sé stessi e gli altri non è solo una radice antropologica giudaico-cristiana,
ma uno stile mentale responsabile, propositivo e volto a una realizzazione
ideale che crea un’efficace priorità di funzionamento neoencefalico
sull’abbandono alle convenienze istintuali (piacere), amplificate dall’individualismo.
Anche se in
modo diverso, in ognuna delle tre grandi religioni monoteiste – e in tutte le confessioni
e le sette da queste derivate – ciascun credente ha il compito di istruire il
prossimo. Chi profondamente sente il valore di questo precetto ha nelle
relazioni umane un atteggiamento mentale – e dunque cerebrale – radicalmente differente
da quello tipico dell’individualismo imperante. Gesù nel Vangelo dice che
nessun allievo è superiore al maestro ma “ognuno che è ben preparato è come il
suo maestro”, e dunque va ascoltato, e “la sua bocca esprime ciò che al cuore
sovrabbonda”. Frase che richiama ancora il libro della Sapienza: “L’abbondanza
dei saggi è la salvezza del mondo” (S. 6, 24).
Ignorare questi
aspetti della cultura e della spiritualità umana vuol dire rimanere ancorati a
un livello di fisiologia cerebrale che non varca il limite prossimo della comparazione
e dell’equivalenza con i modelli animali della ricerca neurofarmacologica. [BM&L-Italia,
marzo 2022].
Una
ragione psicologica della preghiera che attualmente non si conosce e non si
studia. La ragione, il senso e
la funzione della preghiera sono definite dalla dottrina delle religioni, e
nella tradizione giudaico-cristiana attingono direttamente alla rivelazione
custodita dalle sacre scritture, ma esiste un bisogno, spesso riscontrato anche
in persone non credenti, che non si situa in una particolare espressione di antropologia
culturale, e attiene piuttosto a una radice psicologica che sembra accomunare
tutta la famiglia umana.
Rivolgere la
parola a Dio o a un’altra entità che si suppone non solo in grado di ascoltare
una richiesta di aiuto, di consiglio, di comprensione, ma anche di fornire una
risposta in termini di sostegno, sollievo o materiale soluzione di un problema,
nasce da un’interna necessità di convertire il peso di un patire interiore
e intransitivo in una comunicazione in grado di consentire l’accesso
alla dimensione della possibilità, superando l’impasse intrapsichico.
Se ci si ferma
ad un’ontogenesi individuale, generalizzandola poi, come si faceva – e molti
fanno ancora oggi – seguendo lo stile delle interpretazioni psicodinamiche, si può
dire che la forma di questo comportamento derivi dalle precoci e numerose
esperienze infantili di soluzione di problemi, di scioglimento di nodi e di
apertura di orizzonti attraverso la comunicazione con i genitori o altri adulti.
Ma oggi non possiamo accontentarci di questo banale gioco interpretativo che
applica il logoro modello dell’interazione precoce genitori-figli ad ogni
istanza profonda, ed è giunto il tempo di studiare il fenomeno a tutti i
livelli attualmente possibili nelle neuroscienze, da quello delle basi
cerebrali del desiderio di entrare in rapporto comunicativo con enti astratti,
all’elaborazione cosciente di questa esperienza, in tutti i suoi differenti
registri. [BM&L-Italia, marzo 2022].
Notule
BM&L-05 marzo 2022
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La
Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International
Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze,
Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come
organizzazione scientifica e culturale non-profit.
[1] Pierre Grimal, Seneca, p. 21, Garzanti,
Milano 1992.
[2] Cfr. Giovanni Reale, La
filosofia di Seneca come terapia dei mali dell’anima. Bompiani, Milano 2004,
e le altre opere dedicate a Seneca, in particolare: Giovanni Reale, Storia
della filosofia antica, Vita e Pensiero, Milano 1992.
[3] Alopece,
demo dell’Attica distante circa 12 stadi da Atene e sede dei discendenti di
Alcmeone, nipote di Nestore.
[4] Francesco Sarri,
Socrate e la nascita del concetto occidentale di anima, p. 232, Vita e
Pensiero, Milano 1997.
[5] Martha Nussbaum,
Terapia del desiderio. Teoria e pratica nell’etica ellenistica, p. 22, Vita
e Pensiero, Milano 1998.
[6] Dico spesso che lo studio universitario
attuale della filosofia dell’epoca classica è rivolto quasi esclusivamente alla
conoscenza nozionistica di ontologia e metafisica: un approccio che rende
difficile comprendere la prospettiva di Seneca, ma anche l’impatto psicologico
individuale e sociale delle scuole filosofiche greche del IV e III secolo a.C.
[7] Seneca, Lettere a Lucilio,
108, 23, in Tutte le Opere (a cura di G. Reale), Bompiani, Milano 2000.
[8] Seneca, Lettere a Lucilio,
64, 8, in Tutte le Opere, op. cit., pp. 999 e segg.
[9] Seneca, Lettere a Lucilio,
108, 29-35, in Tutte le Opere, op. cit., p. 696.
[10] Seneca, Lettere a Lucilio,
78, 3, in Tutte le Opere, op. cit., p. 845.
[11] Cfr. Questioni naturali,
III, prefazione, 12-17, in Tutte le Opere, op. cit., pp. 562 e segg.